martedì 5 febbraio 2008

T 02 IO E LA MATEMATICA

T 02


Io e la matematica


Il dover parlare del mio rapporto con la matematica rappresenta per me, sicuramente, il dover fare un lavoro introspettivo, il dover tornare indietro di un po’ di anni e il dover rammentare o far riaffiorare momenti della mia infanzia e soprattutto del mio percorso scolastico vissuti con sentimenti di ansia, inadeguatezza e frustrazione.
Sì, già dal mio primo giorno di scuola, ho dovuto fare i conti con una situazione poco piacevole determinata dalla separazione affettiva da mio cugino coetaneo, per me come un fratello. Quest’ultimo, infatti, era stato inserito nell’altra prima.
Ero una bambina molto timida e desiderosa di affetto per cui sentivo l’esigenza di instaurare un rapporto con la maestra che fosse impregnato di dolcezza e affetto, lungi da me qualsiasi tipo di atteggiamenti severi e freddi. Questi bisogni non li ho sentiti soddisfatti e di conseguenza tutto il resto, compreso l’apprendimento, ne fu inficiato.
La matematica non è certo l’unica materia scolastica che può suscitare timore e antipatia, ma è certamente quella che induce tale sentimento con più frequenza. Questa materia per me era fonte di disagio sino a far insorgere una vera e propria fobia; questa tensione, apprensione o paura, in realtà, interferiva con la prestazione in matematica e in misura variabile con la vita quotidiana. Le mie energie e risorse mnestiche venivano disperse a tal punto da avere effetti distruttivi su ogni prestazione cognitiva. Superati, però, gli anni della scuola primaria, ho avuto sempre più un’ascesa, fortunatamente delle mie competenze matematiche.
Di fronte alla mia storia con la matematica e a quella di molti altri mi pongo una domanda: “Come facilitare la comprensione di questa materia, che contribuisce alla formazione del pensiero nei suoi vari aspetti ( intuizione, immaginazione, progettazione, deduzione e verifica ) ? “
Sarebbe opportuno sicuramente prevenire a priori l’instaurarsi di questa fobia e se, successivamente, necessario individuarne metodi di trattamento.
L’istruzione dovrebbe essere vista forse come un processo sociale che si determina nel contesto delle relazioni. Inevitabilmente, l’obiettivo di aumentare le competenze del bambino in un certo tempo sono influenzate dalla qualità delle relazioni in cui hanno luogo. La relazione insegnante-allievo non influenza solo lo sviluppo delle abilità scolastiche, ma agisce come meccanismo di regolazione degli stati emotivi del bambino.
Nella mia posizione di studentessa ma, soprattutto di insegnante, con un mio vissuto da scolara un po’ tribolato anche per altre variabili, mi sento di sostenere il quesito postomi e la riflessione sulla relazione insegnamento- apprendimento maturata da diversi pedagogisti.
Nello specifico, inoltre, dato che la matematica è utile e presente nella vita quotidiana, appoggio inesorabilmente il pensiero di molti professori di matematica che consigliano di insegnare tale materia attraverso l’utilizzo di situazioni e materiali concreti e familiari, attribuendo anche grande importanza alla matematica informale.
L’ultimo mio pensiero sull’insegnamento e non per questo meno importante, anzi, principio primo di ogni altra teoria pedagogica, è il posto che, nella vita di ogni persona anche insegnante, dovrebbe avere la fede e di conseguenza l’affidamento più totale allo Spirito Santo in modo da poter adottare la metodologia, la strategia, il comportamento più adeguato all’alunno in una determinata circostanza o situazione.

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